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martedì 15 febbraio 2011

RIFORMA ELETTORALE

Breve scheda sui sistemi elettorali redatta dall'Avv. Maurizio Di Palma
Si parla spesso di riforma elettorale e ogni gruppo politico manifesta la preferenza per un sistema in particolare.
Poiché ogni proposta è ispirata da un modello già esistente, per cogliere i termini del dibattito in corso, è opportuno esaminare i principale sistemi elettorali già adottati da altri paesi e indagarne gli effetti possibili in Italia.

UNINOMINALE
Sono così definiti quei sistemi in cui si divide il territorio nazionale in tanti collegi quanti sono i deputati da eleggere. Ogni collegio eleggerà un solo deputato.
Esistono tuttavia vari sistemi per stabilire chi è il candidato vincente in ogni collegio.

Uninominale secco (Gran Bretagna e Stati Uniti).
Ogni partito presenta il suo candidato nel collegio. Vince quello che arriva primo (first past the post) anche se non ha ricevuto la maggioranza assoluta dei voti.
Nei paesi in cui è adottato ha favorito la formazione di un sistema politico con 2/3 partiti.
In Italia, adottato negli anni ’90 per l’elezione dei 3/4 della Camera, ha prodotto un effetto diverso.
I partiti si riunivano in coalizioni ed erano le coalizioni a presentare un candidato in ciascun collegio. Tali candidati di coalizione - scelti sulla base di un accordo tra i partiti in ragione del loro presunto “peso” elettorale - una volta eletti, transitavano nel gruppo parlamentare del partito cui realmente appartenevano. In Italia, quindi, l’uninominale secco non ha ridotto il numero dei partiti e probabilmente ha accresciuto il peso delle formazioni più piccole.

Uninominale a doppio turno (Francia).
Nel singolo collegio ogni partito presenta il suo candidato. Se nessuno ha conseguito la maggioranza assoluta (50% + 1 dei voti), passa al secondo turno chi ha ottenuto almeno il 12,5% (così è in Francia, ma sono possibili criteri diversi; ad es. accedono al ballottaggio i primi due). Vince il secondo turno chi arriva primo.
E’ un tipo di uninominale compatibile con i paesi con più di due-tre partiti, che penalizza fortemente i partiti piccoli.

Uninominale australiano.
Nel collegio ogni partito presenta un candidato. L’elettore deve ordinare i candidati secondo il suo personale ordine di preferenza, dal più gradito il meno gradito segnando un numero accanto a ciascuno (1,2,3 etc..). Per stabilire chi ha vinto si conteggiano le prime preferenze (quelle con il n.1) e si redige una graduatoria. Se nessuno ha raggiunto la maggioranza assoluta (50% +1 dei voti), si elimina il candidato meno votato, si mettono da parte le sue schede e si distribuiscono agli altri le seconde preferenze di tali schede. Se nessuno ha conseguito la maggioranza assoluta, si attribuiscono agli altri le terze, le quarte, le quinte preferenze sino a quando qualcuno non ha raggiunto tale maggioranza. Se ancora nessuno ha raggiunto la maggioranza assoluta si elimina il penultimo candidato procedendo all’attribuzione delle altre preferenze, sino a quando qualcuno non ottiene il 50% +1 dei voti.
E’ un sistema meno tranciante dell’uninominale secco inglese e probabilmente verrà adottato in Gran Bretagna a breve. In un certo senso anticipa gli effetti di un secondo turno virtuale obbligando l’elettore ad esprimere subito tutte le preferenze. Vince le elezioni in genere non tanto il partito più apprezzato, ma quello che è meno sgradito agli elettori.

Paradosso dell’uninominale.
Nei sistemi uninominali, per vincere le elezioni, non è importante conseguire più voti degli altri sul piano nazionale, ma conseguire più collegi. Può quindi accadere - e talvolta è avvenuto - che il partito più votato sul piano nazionale perda le elezioni perché ha conseguito meno collegi.

PROPORZIONALE
Si divide il territorio nazionale in pochi grandi collegi (ma in teoria è possibile anche un unico grande collegio nazionale). Ogni collegio esprime più deputati. Ogni partito presenta non un candidato, ma una lista di candidati pari al numero di deputati da eleggere nel collegio.
Ciascun partito ottiene un numero di deputati eletti in proporzione ai voti di lista ottenuti. Per stabilire quali candidati risultino eletti, all’interno di ciascuna lista si redige una graduatoria sulla base delle preferenze espresse dall’elettore.
A differenza dell’uninominale, questo sistema assicura una sostanziale rispondenza del Parlamento alle scelte e agli orientamenti politici dell’elettorato.
A differenza dell’uninominale, questo sistema può favorire la frammentazione politica; in Italia ad esempio, il proporzionale puro non arginò la proliferazione di partiti più piccoli.
Per evitare la polverizzazione della rappresentanza politica, in alcuni paesi, hanno corretto il proporzionale.

Proporzionale con sbarramento (Germania).
In Germania, i partiti che hanno conseguito meno del 5% sul piano nazionale non entrano in Parlamento. I voti di queste liste con meno del 5% vengono distribuiti in proporzione a tutte le altre liste che hanno superato la soglia di sbarramento.

Proporzionale spagnolo.
I collegi elettorali sono piccoli ed esprimo pochi deputati. Per i partiti più piccoli, quindi, è molto più difficile conseguire dei deputati. Si ritiene che questo sistema comporti uno sbarramento “virtuale” del 7/8% in ogni collegio. Il sistema penalizza in una certa misura anche i partiti di grandezza media, ma non le forze regionali radicate in un determinato territorio.

Sistema italiano
E’ un proporzionale in cui i partiti presentano liste plurinominali che tra loro possono allearsi in coalizioni prima del voto e con sbarramento al 2% (4% per le liste senza coalizione).
La coalizione che arriva prima sul piano nazionale, anche se non consegue la maggioranza dei voti, ottiene automaticamente il 55% della Camera (c.d. premio di maggioranza).
Non sono ammessi i voti di preferenza dei candidati: sono i partiti a decidere chi viene eletto redigendo l’ordine di preferenza dei candidati prima del voto.
Per il Senato, invece, il premio di maggioranza viene attribuito su base regionale e non come per la Camera, su base nazionale. Questo può comportare la formazione di due maggioranze diverse alla Camera e al Senato.

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